I più recenti sviluppi delle scienze cognitive in prospettiva evoluzionista hanno indagato ulteriormente l’ambito della motivazione umana pervenendo ad estendere significativamente le conclusioni di Bowlby. Il sistema di attaccamento diviene elemento di una architettura più ampia venendo ad essere considerato infatti solo uno dei Sistemi Motivazionali che regolano il comportamento animale e umano.
I sistemi motivazionali fondano su disposizioni innate, selezionate dai processi evoluzionistici. Si tratta di tendenze, propensioni ad agire verso obiettivi specifici (differenti dal concetto di istinto), inviti a perseguire particolari forme di interazione fra organismo e ambiente. Queste tendenze sono universali ed operano in tutti gli individui della specie anche se le loro espressioni concrete nel comportamento variano in funzione dell’esperienza del singolo individuo, particolarmente per l’uomo.
Ogni comportamento è dunque espressione di un confronto fra tendenze innate a perseguire determinate mete e le memorie di precedenti interazioni fra individuo e ambiente. Ogni comportamento contiene comunque un elemento motivazionale diretto a una meta tesa a realizzare un valore evoluzionistico di adattamento.
Ma quanti e quali Sistemi sìffatti sono stati individuati dalla ricerca?
L’organizzazione gerarchica dei sistemi motivazionali
Le conoscenze accumulate dall’evoluzione del cervello umano convergono nel delineare la validità di una visione evolutiva gerarchica organizzata su tre livelli (McLean, 1985), corrispondenti al cervello “rettiliano”, “antico-mammifero” o “limbico” e “neo-corticale”. L’architettura dei sistemi motivazionali segue questa tripartizione, aumentando la propria influenzabilità ambientale col salire di livello gerarchico.
Il livello evolutivamente più arcaico dell’organizzazione motivazionale è connesso all’attività neurale localizzata nel cervello “rettiliano” (tronco encefalico, nuclei della base). Esso è costituito da sistemi che regolano condotte non-sociali rivolte alla regolazione delle funzioni fisiologiche, alla difesa dai pericoli, all’esplorazione dell’ambiente, a definire e controllare un proprio spazio fisico vitale (territorialità), al procacciamento di cibo, e alla riproduzione sessuale.
Su queste sistemi non-sociali poggiano quelli appartenenti alla storia evolutiva più recente che controllano l’interazione sociale caratteristica dei mammiferi. Questo secondo livello corrisponde all’attività delle reti neurali localizzate nell’area limbica del cervello che comprende l’amigdala e il giro del cingolo. L’osservazione etologica delle condotte sociali presenti nelle diverse specie di mammiferi rivela alcune omologie universali: il richiamo alla separazione identifica il sistema motivazionale dell’attaccamento (o “richiesta di cura”), il contatto corporeo morbido e ripetuto quello dell’accudimento (o “offerta di cura”), i rituali di corteggiamento quello della sessualità finalizzata alla formazione di una coppia, posture e mimiche di sfida e di resa identificano il sistema competitivo di rango (o “agonistico”) e infine nei mammiferi più evoluti, come i primati, il gioco sociale e l’attenzione congiunta riportano al sistema cooperativo paritetico.
Il terzo livello, prerogativa della specie umana e localizzato nella neo-corteccia, riguarda la dimensione cognitiva dell’intersoggettività e della costruzione di significati, caratteristica emergente che soprassiede agli altri due sistemi ed è responsabile di combinazioni e variazioni individuali della loro espressione, che avviene anche in funzione della cultura di appartenenza.
I sistemi motivazionali interpersonali
I sistemi appartenenti al secondo livello gerarchico vengono nell’uomo denominati sistemi motivazionali interpersonali (SMI). Gli SMI sono quindi tendenze universali, biologicamente determinate e selezionate su base evolutiva, la cui espressione nel comportamento presenta variabilità individuali. Essi regolano la condotta in funzione di particolari mete e sono in stretta relazione con l’esperienza emotiva. Le emozioni accompagnano infatti l’azione degli SMI e possono esserne considerate indicatori di attività. In questa ottica ogni specifica esperienza emotiva può essere meglio compresa se rapportata al sistema motivazionale interpersonale entro cui si colloca.
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